GRAFFITI, fede e devozione
Entrare in una chiesa che possiede una storia architettonica e artistica è un’esperienza unica, per taluni spirituale, per tal altri puramente estetica. Pensare che una chiesa possa contenere tracce visibili della sua storia e della comunità che l’ha creata, e intorno alla quale si è trasformata nel tempo, è altrettanto affascinante. Ma lo spazio sacro conserva tra le sue mura testimonianze di un passato talvolta incomprensibile. I graffiti incisi su affreschi contenuti in una chiesa appartengono a questa categoria di testimonianze. Nel nostro comune sentire, incidere (e con questo verbo intendo proprio l’azione di incidere, graffiare con qualsiasi strumento metallico appuntito che possa lasciare un segno indelebile sulla superficie) una traccia su un affresco significa distruggere o rovinare un’opera d’arte, per non parlare dell’idea di operare questo atto vandalico all’interno di una chiesa. In realtà, in un passato non molto lontano esistevano “pratiche” cadute in disuso, tra le quali proprio l’azione di incidere dei veri e propri graffiti, delle immagini sulle pareti delle chiese, nelle absidi, sui pilastri, perfino sulle suppellettili liturgiche.
Il gesto di “graffiare” le superfici di immagini sacre o i muri che le circondano è stato investito di intenti differenti e non esclusivamente devozionali, anche se inseriti nel medesimo contesto di accettazione e richiesta nei confronti del sacro.
I rinvenimenti di testimonianze graffite su immagini affrescate sono numerosi dato che si tratta di una pratica usuale legata al mondo della devozione religiosa e, per quanto riguarda il mondo laico, dell’attestazione di un proprio status sociale attraverso l’uso della scrittura. Talvolta queste testimonianze sono andate perdute a causa di restauri che non hanno tenuto conto del loro valore di documento storico. I graffiti inseriti in contesti religiosi (e non solo) parlano di individui, dal popolano al nobile, dalla devota al chierico, che hanno vissuto quei luoghi investendoli di richieste, intercessioni e aspettative. Date, soggetti iconici, firme, resoconti storici, tutto affidato al potere del sacro del quale le immagini svolgono il ruolo di intercessori.
Il complesso romanico di Sant’Alessandro in Canzanica, alcuni esempi di graffiti
In questa chiesa sono presenti numerose testimonianze graffite su affreschi riscoperti durante i restauri del 1967 databili alla fine del XIV secolo. L’immagine sotto riportata si riferisce all’affresco con la Madonna in trono e altri santi della parete destra della navata: la Madonna in trono qui raffigurata presenta, lungo la veste azzurra una serie di graffiti. Si tratta in realtà di iscrizioni, non sono presenti soggetti iconici.
Purtroppo gli affreschi sono molto rovinati ma possiamo chiaramente individuare due messaggi di identica impostazione ma con soggetto diverso:
Die ...9 Iul...1530 …ise...is
Alexad…
Die 8 lu…b…46…
Philipu…extremis
Si potrebbe trattare di dedicazioni obituarie, indicanti il giorno, la data e il devoto defunto, Alessandro e Filippo.
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Per quanto concerne una seconda Madonna in trono con Bambino è necessario fare alcune precisazioni: questa immagine miracolosa era collocata su un muro esterno alla chiesa ma nel 1648 venne creata una cappella ad hoc , tramite la chiusura di un portico, per donarle la giusta collocazione. All’affresco fu aggiunta anche un’elegante cornice lignea. Nel Settecento fu dotata di una vetrata con griglia di piombo per proteggerla.
La Vergine presenta numerosissimi graffiti collocati nella parte inferiore del manto e ai suoi lati. Data la posizione in cui è collocata l’immagine dal 1648 a oggi ritengo che le testimonianze graffite siano tutte da imputare al momento precedente tale spostamento. La Vergine non è sola, ma è giunta fino a noi solo la parte di affresco che la rappresenta. In quanto “miracolosa” e oggetto di culto da parte dei fedeli non avrebbe potuto essere cancellata e infatti è l’unico affresco che non presenta alcun segno di martellinatura, al contrario è stata oggetto di grande cura da parte dei devoti. In questo affresco oltre ai numerosi graffiti devozionali è presente anche una data, 1389, già considerata termine ante quem per la datazione dell’immagine.
Sull’affresco della Vergine sono riscontrabili numerose abbreviazioni dedicate alla figura di Cristo, IHS XPS, Iesus Christus, ripetute lungo tutta la sua cornice e sul manto, quasi fosse una litanìa riportata sul muro e quindi mantenuta costante e ripetuta nel tempo. Le iscrizioni lungo la cornice sono geometricamente e ordinatamente disposte una sull’altra e una accanto all’altra. Sul manto della Madonna sono presenti anche una serie di soggetti circolari dei quali è davvero difficile dare una interpretazione. Accanto ai segni devozionali che si ripetono numerosi compare anche un nodo di Salomone e un’iscrizione rivolta al fedele riscontrata anche sotto la Madonna di Ada Negri in San Francesco a Lodi:
Virginis itacte cum veneris ante figuram praetereundo cave ne sileatur (taceatur) ave
Un ammonimento al fedele, di carattere devozionale, il quale prima di passare oltre l’immagine della Vergine non deve dimenticarsi di recitare un Ave. In entrambi i casi, Lodi e Canzanica, l’iscrizione riporta un errore: la Vergine è indicata come itacte e non intacte, casta, pura.
La formula di devozione mariana è presente anche sulla tavola dell’Annunciazione del Beato Angelico in San Marco a Firenze
Virginis intacte cum veneris ante figuram pretereundo cave ne sileatur Ave…
È possibile che si trattasse di una formula ripetuta oralmente che un devoto ha deciso di riportare sull’affresco della Vergine di Sant’Alessandro senza tuttavia conoscerne l’esatta dicitura latina.
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